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Helicotrema Festival dell’audio registrato – Intervista a Blauer Hase

Helicotrema Festival 2015, Forte Marghera.

Intervista al collettivo Blauer Hase e a Giulia Morucchio, curatori del festival ospitato a Forte Marghera da Eventi-Arte-Venezia.

Helicotrema torna in laguna ospitato negli spazi pubblici del parco di Forte Marghera (prima di spostarsi a Firenze per la seconda tappa nell’ambito del progetto Sonic Somatic).
Per tutto il fine settimana, fino a domenica notte, tra le mura ottocentesche del forte veneziano si susseguono una serie di ascolti collettivi, paesaggi sonori, radiodrammi, opere sonore e radio-documentari (per il programma completo guarda qui).
Come avrete capito Helicotrema è un festival decisamente particolare, che presenta una programmazione di soli brani audio registrati, e si pone come obiettivo di indagare le possibilità di un ambiente e di una forma di ascolto collettivo, come accadeva nei primi decenni delle trasmissioni radiofoniche.
Intervistiamo Blauer Hase e Giulia Morucchio, ideatori e curatori del progetto.

Ci descrivete gli intenti e le modalità di Helicotrema – Festival dell’audio registrato?

Blauer Hase: Il Festival è iniziato nel 2012, in un momento in cui avevamo voglia di costruire un nuovo progetto. Originariamente stavamo pensando ad un qualcosa riguardante il teatro, oppure uno spettacolo. Nel frattempo ci siamo accorti che non conoscevamo un festival specificamente legato all’ascolto collettivo, e abbiamo voluto iniziare ad esplorarne il territorio. Helicotrema si pone come obiettivo di indagare la possibilità di un ambiente e di una forma di ascolto collettiva, come accadeva nei primi decenni delle trasmissioni radiofoniche. In che modo le modalità di ascolto collettivo possono essere riattivate nella società contemporanea? Come può essere declinato lo spazio per un ascolto puro? Helicotrema intende riflettere sulla morfologia stessa di questo ascolto, in una forma di fruizione che non coincida con la forma concerto e che sia più vicina alla forma della proiezione cinematografica.
Il nome del Festival coincide con la parte più interna della coclea: il punto in cui l’orecchio interno praticamente si rivolta su se stesso generando una specie di incavo. Ci sembrava appropriato.

Giulia Morucchio: Helicotrema prende in prestito il formato del festival cinematografico, sostituendo alla proiezione filmica un programma di sessioni d’ascolto. Analogamente a quanto può succedere per una rassegna cinematografica, anche noi cerchiamo di organizzare le diverse sessioni creando delle linee tematiche (ad esempio, una sessione prettamente incentrata sui radio documentari, una sulla voce umana, una sul field recording). Costruiamo ciascuna di queste sessioni scegliendo di alternare i brani per assonanza o contrasto gli uni con gli altri, in modo da esaltarne le qualità compositive e accompagnare – o spiazzare – l’ascoltatore. Ogni sessione d’ascolto dura all’incirca un’ora, e spesso alterniamo brani di composizione recente a estratti radiofonici storici, come caroselli o vecchi radiodrammi.

Da quando la televisione ha cominciato a diffondersi all’interno delle nostre case, le trasmissioni radio, come il radiodramma e i differenti generi a esso collegati hanno progressivamente perso il loro pubblico e i momenti di ascolto collettivo sono andati via via sparendo. Oggi, all’epoca delle connessioni via internet e dei social network, siamo ancora in grado di ascoltare e apprezzare questi contenuti? In che modo e con quale sforzo e risultato?

BH: Molte delle situazioni culturali con cui ci si confronta oggi si pongono come obbiettivo quello di costruire uno spazio di attenzione concentrata: uno spazio concettuale. Rispetto a Helicotrema, ciò che sempre ci ha sorpreso è non soltanto l’abbinamento di un suono ad uno spazio particolare, ma anche la situazione che si crea nel pubblico: non è un concerto, non è una conferenza con gli autori, è qualcosa di diverso che presenta una sua identità forte. Una situazione simile era molto comune quando, prima dell’arrivo della televisione, ci si riuniva ad ascoltare la radio, oppure dischi e registrazioni provenienti da paesi lontani. Lo stesso tipo di distanza e fatica nel trovare questi contenuti oggi è impensabile, però in un certo senso le produzioni che Helicotrema accoglie è come se provenissero da diversi continenti: il continente delfield recording, il continente del radiodramma, il continente della poesia o quello dell’arte contemporanea. L’occasione che cerchiamo di orchestrare è proprio quella di prendersi del tempo, lasciando che le composizioni abbiano un effetto e si abbinino allo spazio e all’ascolto condiviso.

E’ importante rimarcare che non stiamo parlando di ascolto individuale, come spesso accade oggi attraverso le cuffie collegate ad un dispositivo digitale; ma di ascolto in gruppo dove ogni individuo condivide un luogo di ascolto con una collettività. Come ha reagito il pubblico fino ad ora a questo contesto di fruizione dell’opera sonora?

GM: Con l’avvento della televisione, che ha portato nelle case le immagini in movimento, la dimensione dell’ascolto collettivo come avveniva ai tempi della radio è stata largamente superata e ad oggi è molto difficile da ripristinare. Noi stessi ci accorgiamo che all’inizio delle sessioni d’ascolto, il pubblico resta un po’ spiazzato; non essendoci rimandi visivi, né alcuna azione performativa, il pubblico di solito ha bisogno di un po’ di tempo per concentrarsi e lasciarsi andare all’ascolto.
Nel corso delle varie edizioni ci siamo trovati a lavorare con realtà di diversa natura, non solo spazi istituzionali dell’arte o della musica contemporanea. Ciò determina anche tipologie diverse di fruitori: in contesti come MACRO, Viafarini/Careof/ DOCVA, Auditorium Parco della Musica, Istituto dei Ciechi di Milano, il pubblico che ci raggiungeva era già a conoscenza del progetto e interessato alla finalità della nostra ricerca, mentre in situazioni all’aperto come alla Serra dei Giardini o come avverrà nello stesso Parco di Forte Marghera ci aspettiamo di intercettare anche molte persone di passaggio che si fermano incuriosite.
Si creano atmosfere totalmente diverse, che portano il pubblico ad un ascolto differente; reputiamo entrambi i contesti (istituzionale e non) interessanti ai fini della nostra sperimentazione su diverse modalità ascolto.

Come avete selezionato gli artisti e le varie proposte sonore che compongono il palinsesto del Festival?

GM: In realtà non applichiamo alcun criterio rigido sulla scelta degli artisti che invitiamo festival. Contattiamo persone con cui siamo interessati a collaborare perché apprezziamo il loro lavoro o la loro linea di ricerca o perché ci interessa un brano in particolare. A volte chiediamo loro di pensare a un lavoro specifico che potrebbe rientrare nelle modalità di Helicorema.
Dal 2013, ovvero dalla seconda edizione, abbiamo anche aperto una open call in cui chiediamo a chiunque sia interessato di inviarci una traccia di massimo 10 minuti. Questo è molto utile per aprirci alla conoscenza di nuovi lavori e autori.
Certi autori, inoltre, ci vengono consigliati dalle persone con cui di volta in volta collaboriamo (è il caso di Alessandro Bosetti e Davide Domenichini, che abbiamo conosciuto attraverso O’ a Milano, o Giovanni Lami, in residenza presso Eventi-Arte-Venezia, che presenterà l’esito della sua permanenza in un appuntamento del festival di quest’anno).

Molta arte contemporanea negli ultimi anni sembra muoversi verso la creazione di contesti e opere multisensoriali che stimolano la sinestasia dello spettatore; Helicotrema sembra invece operare all’inverso. Mi sembra che state cercando di scremare e di concentrarvi su di un senso in particolare tentando di indagarlo in profondità, che ne pensate?

BH: Helicotrema è innanzitutto la costruzione di un ascolto collettivo, e il nostro obiettivo è sempre l’indagine di questa situazione. Gli stessi pezzi organizzati in un sito web come Ubuweb o Monoskop avrebbero un effetto molto diverso, e forse sarebbe più agevole inquadrarli in diverse correnti, influenze e classificazioni. Ma quello che mancherebbe sarebbe la qualità propria della condivisione dell’ascolto: una comunità temporanea che ascolta, commenta, compara e critica le ricerche che vengono ospitate all’interno del festival.

E’ anche vero che in una piccola area sperimentale dell’arte e del teatro contemporaneo, nell’ultimo decennio, si è assistito ad un ritorno di interesse per le forme espressive basate solo su una componene acustica come: audiodrammi, audioteatro, documentari audio, paesaggi sonori. Vi siete ispirati a qualche progetto o opera di questo tipo nell’ideare Halicotrema?

BH: Abbiamo notato la necessità e la potenzialità di costruire due cose: un’occasione per gli autori di presentare lavori narrativi ed evocativi al di fuori del circuito della radio o delle gallerie, e la possibilità di costruire una situazione per gli ascoltatori in cui possano condividere una specie di ritualità nel concentrarsi o abbandonarsi alle narrazioni sonore. La situazione è in effetti molto simile a quello che avviene in tutti i festival: autori e pubblico sono chiamati a incontrarsi in un territorio comune e condiviso. Come Blauer Hase, ci interessa molto appropriarci di format culturali, e sembra che il format del festival sia la nostra ultima preda.

Forte Marghera, parco pubblico nato da un ex fortificazione militare dell’800 immersa nella laguna veneziana, è un luogo decisamente paricolare; di certo molto distante per le sue carattaeristiche da un contesto come il MACRO o DOCVA di Via Farini. Quali sono le motivazioni che vi hanno convinto a proporre Helicotrema proprio in questo luogo?

BH: Più che convincerci, ci siamo sentiti in dovere di rubare ai primi giorni di autunno l’occasione di avere degli ascolti in spazi pubblici e aperti. Il Forte si sta evolvendo molto negli ultimi tempi ed è diventato davvero uno spazio pubblico ancor prima di essere un parco. Questo offre l’opportunità di raccogliere anche i visitatori che non conoscono il nostro progetto e di intercettarli, aprendo Helicotrema non tanto a nuovi circuiti di distribuzione quanto alla possibilità di far conoscere queste ricerche al di fuori dei circuiti.

Cosa vi aspettate dunque da questi tre giorni di Helicotrema a Forte Marghera?

BH: Ci aspettiamo di poter costruire dei percorsi interessanti tra i diversi brani e di poter creare delle situazioni di piacevole alterità negli ascoltatori, sia quando saremo distesi sul prato vicino alla Baia del Forte sia all’interno della fantastica Polveriera Francese.

GM: Personalmente sono molto curiosa di assistere ai momenti d’ascolto che abbiamo affidato a curatori esterni. Quello delle collaborazioni è uno degli aspetti che mi affascina maggiormente: non vogliamo che le associazioni e gli spazi che ci ospitano siano meri contenitori, ma è interessante se riusciamo ad aggiungere un ulteriore livello, rafforzando il rapporto col contesto che ci ospita.
Parallelamente all’appuntamento di Helicotrema a Forte Marghera, l’associazione Eventi Arte Venezia curerà l’evento live di ZimmerFrei, oltre alla residenza di Giovanni Lami.
Inoltre abbiamo chiesto alla ricercatrice Johann Merrich (Live Arts Cultures) di curare una sessione speciale in cui presenterà un percorso d’ascolto sull’opera di alcune pioniere della musica elettronica. I brani saranno legati da un doppio filo conduttore: da una parte il sogno, dall’altra l’insegnamento di Pierre Schaeffer, figura cardine per lo sviluppo della musica radiogenica.
Per la serata di sabato 27, infine, abbiamo in programma un appuntamento dedicato alla bioacustica: se il meteo lo concederà, faremo una passeggiata all’interno del Forte assieme al Dottore Forestale Luca Mamprin per cercare di intercettare i pipistrelli ascoltando le loro frequenze emesse durante il volo.